Innanzi tutto occorre dire che ogni neonato ha il proprio carattere, esattamente come avviene per qualsiasi individuo. Quindi ci sarà il neonato più allegro e quello più frignone.
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In ogni caso, con il tempo, i genitori imparano a capire le esigenze del neonato, che poi si potrebbero sintetizzare in 5-6 categorie: ha fame/sete, è stanco, ha bisogno di essere cambiato, ha caldo/freddo oppure potrebbe star male ad esempio per le coliche o per altri motivi.
Il pianto del neonato crea uno stato d'angoscia nei genitori. Io non potevo sentire mio figlio piangere (a dire la verità non posso sentire i bambini piangere in generale perché mi dispiace terribilmente) e al primo accenno di pianto lo prendevo subito in braccio, offrendogli la poppa se le mie coccole non bastavano a calmare il suo pianto. Questo atteggiamento, comune a molte mamme, spesso è proprio quello che ci vuole per calmare il bambino. I neonati, infatti, amano essere coccolati e ricevere attenzioni da parte dei familiari. Comunque, con il tempo, ogni genitori trova il suo modo personale di calmare il proprio figlio: ad esempio, io a volte lo tenevo in braccio, sostenendogli bene la testa e lo cullavo facendo qualche squat (approfittando, quindi, per fare un po' di esercizio fisico) e la cosa buffa era che lui smetteva subito di piangere. Ovviamente, se il piccolo ha le coliche o è insofferente per altri motivi, le coccole e il latte non basteranno a calmarlo.
Se il pianto del piccolo è insistente e crea preoccupazione nel genitore, la cosa migliore da fare è chiamare il pediatra.
Essere subito pronti a prendere in braccio il piccolo può generare nei genitori il dubbio di viziarlo anche perché spesso intervengono i parenti e gli amici che, con la loro saccenza, si sentono in diritto di apostrofare i genitori con i loro consigli non richiesti. Innanzi tutto, mi sento di dire che, se si prende un neonato in braccio subito, al primo pianto, non lo si vizia: il vizio arriverà, eventualmente, nei mesi a seguire. Al contrario, farlo piangere e disperare potrebbe determinare un trauma con conseguenze sul suo sviluppo intellettivo.
Seconda cosa: nessuno conosce il proprio figlio meglio della mamma, la quale sa esattamente, in virtù del proprio istinto, come comportarsi con il piccolo, proprio come avviene in natura.
Quando il piccolo cresce, invece, potrebbe iniziare a piangere per capriccio. Anche in questo caso, ogni genitore sa come si deve comportare, se è meglio abbandonare in parte la linea dolce ed essere un po' più rigido oppure se il piccolo ha bisogno, comunque, di maggiori attenzioni.
Ovviamente, però, ci sono situazioni in cui occorre essere più fermi e decisi con il bambino, ad esempio quando rischia di farsi male oppure quando pretende di avere qualcosa. E' chiaro che il piccolo non può averle tutte vinte, altrimenti diventerà di sicuro un viziato. Però io sono per il "no" dolce. Non importa sgridare un bambino piccolino (magari un urlo ci può scappare se sta rischiando di mettere in pericolo la sua vita) però spesso è sufficiente dire di no e spiegargli dolcemente perché no oppure basta semplicemente distrarlo con qualcos'altro.
Bisogna sempre ricordarsi che noi siamo di esempio per i nostri bambini: con la linea violenta gli si insegna solo a essere violenti. E' curioso, ad esempio, come certi genitori pretenderebbero di insegnare ai propri figli, con le botte, a non essere maneschi con gli altri bambini...
Quindi un ambiente sereno e ricco di amore ma allo stesso tempo non troppo permissivo è la soluzione migliore. Come sempre, serve la giusta misura.
Beatrice
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