Come comunicano i neonati
Se per l’adulto il pianto ha una connotazione negativa in quanto sinonimo di malessere e tristezza, per il
bebè rappresenta il modo di esprimere i
suoi desideri, le sue sensazioni, dunque di comunicare con l’ambiente. Alla
nascita il pianto, che esprime la vitalità del bebé, è allo stesso tempo
espressione di gioia per aver superato i rischi del parto, ma
anche di angoscia di trovarsi in un ambiente con caratteristiche tanto diverse
da quelle dell’utero materno a cui era abituato.
Le sensazioni che il bebé prova alla nascita sono infatti
di profonda insicurezza: luci,
rumori, mancanza di liquido in cui era immerso rappresentano delle novità a cui deve per forza adattarsi per
sopravvivere. Tuttavia non è in grado di riuscirci da solo, senza l’aiuto
dell’adulto, che perciò cerca di attrarre con il pianto, perché venga in suo
soccorso e lo aiuti a vivere.
Il pianto rappresenta dunque una primordiale forma di linguaggio che esprime desideri diversi con tipi di pianto differenti in termini di cadenza, timbro e latenza (cioè il tempo trascorso prima del suo inizio):
- di fame: girando la testa come a ricercare il seno
- di disagio: causato da un ambiente non confortevole e inadeguato o dalla necessità di essere pulito e cambiato
- di dolore: straziante e acuto, seguito solitamente da una breve apnea e da successive urla che spesso continuano anche se preso in braccio e consolato;
- di noia: tenue;
- di stanchezza e scarico tensione: ritmico, si ripete con regolarità solitamente a fine giornata e serve a sfogare la tensione accumulata durante il giorno
- di richiesta: forte, ad esempio se sente freddo o caldo o se ha necessità di cambiare una posizione tenuta troppo a lungo.
Quando il pianto si prolunga, mette in ansia il genitore che all’inizio non è in grado di
decodificarlo, di capire il significato delle variazioni di intensità e tonalità.
Ecco il motivo per cui è fondamentale, durante le prime settimane dopo la
nascita, dedicare del tempo all’osservazione
del bebé per imparare a conoscerlo, a capire il significato del suo pianto e
per non proiettarvi le proprie
sensazioni di inadeguatezza ad accudirlo (cosa che aumenta la sensazione di
mancanza di contenimento che prova il bebé e dunque ne intensifica il pianto)
Il pianto del bebé non va mai ignorato ma accettarlo senza ansia e con
pazienza, consolandolo attraverso il
contatto fisico o anche soltanto parlandogli
con un tono di voce dolce e pacato, che gli faccia sentire la propria presenza.
La capacità di consolarsi da soli varia da un neonato all’altro: alcuni fin dalla nascita sono in
grado di farlo, cercando di mettersi una mano
in bocca, succhiando il ciuccio o semplicemente ascoltando la voce della madre se riesce a esprimergli
tranquillità. Altri invece hanno bisogno di un maggiore contatto fisico, che tuttavia li agita ulteriormente se
percepiscono la tensione di chi li prende in braccio.
Dott. M. Marcone
Dott. M. Marcone
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