Io sogno il mio "Baby Boom"

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Sono una sognatrice, da sempre. Forse ho visto troppi film disney, forse troppe commedie romantiche. Sono un tipo moderno, non potrei fare a meno del mac, dello smartphone, ma ho molto spesso la sensazione di aver sbagliato epoca in cui nascere.
Me ne rendo conto ogni qualvolta sono in cucina, tv sintonizzata su un programma leggero, pentole alla mano, fornelli accesi. Il mio angolo sicuro.


La cucina, la parte della casa che più preferisco. Già da piccolina avevo la passione per questa stanza: prendevo tavolini, sedie e qualunque cosa servisse per simulare una cucina a penisola, ho sempre sognato una cucina con un bancone immenso, come quelle americane, come quella di Wilma de Angelis. Ecco una chicca del passato, a molti questo nome non dirà nulla. E' una cantante, attrice e conduttrice italiana del passato e nello specifico, il mio ricordo fa riferimento al suo programma "A pranzo con Wilma", un precursore di tutti i programmi di cucina del giorno d'oggi, come quelli con la famosa Benedetta.

Guardate voi stessi, non è meravigliosa?

 

Io impazzivo, mi mettevo davanti alla tv con pentole e pentolini e la imitavo. Mi piaceva tantissimo. Forse senza saperlo, ho trasmesso questa cosa a mio figlio, visto che non c'è verso di tenerlo lontano dai fornelli.
Un altro mio mito? La Signora in Giallo, sì proprio la Signora Fletcher, quella che se per caso te la vedi comparire in una festa, in un supermercato, puoi star certo che ci scappa il morto. La amo da quando ero ragazzina e, mentre lei risolveva l'ennesimo omicidio, io stiravo. Sì, avete capito bene. Mi piaceva e mi piace ancora, stirare guardando la Signora in Giallo. Come oramai vi sarà chiaro, insomma, sono una che ha proprio la casalinga inside, lo so. E persevero in questo. Un caso disperato.

Adesso che sono adulta, mi piace ricreare situazioni che ricordano questi e tanti altri momenti della mia infanzia, perché? Perché mi rassicurano, perché sono aria di casa. Trovarmi, appunto, in cucina intenta a preparare la cena, piuttosto che il pranzo, con i miei figli che mi girano intorno, mi ricorda la stessa scena a casa dei miei un bel po' di anni fa. Mia mamma per scelta non lavorava, o meglio si è sempre occupata di mia sorella e me e ora posso dirlo, ha svolto il lavoro più difficile del mondo. Sarà per questo, perché è stato il mio imprinting, che continuo a sognare e a sperare di fare la stessa cosa?

Non pensiate che non sia un tipo ambizioso o che stia calpestando anni di lotta per l'emancipazione femminile, volendo tornare sul solo modello "donna-casa-famiglia": mi sono laureata in psicologia con ottimi voti all'università di Torino, quando ancora c'era l'obbligo dei cinque anni di corso. Ho sempre lavorato, anche quando studiavo. Mi sono adattata a qualsiasi lavoro e lo faccio ancora oggi, di adattarmi intendo.

Ecco il punto: mi adatto. Persevero in un lavoro che poco mi appaga, perché devo arrivare a fine mese, perché pur non essendo il lavoro della mia vita, mi ha dato la possibilità di realizzare lo scopo della mia vita: i miei figli. Al giorno d'oggi non è così scontato. Proprio no. Ed è questo un altro punto. La difficoltà enorme che c'è nel far andare di pari passo maternità e carriera, sia nel caso di una donna in carriera, sia nel caso di una "donna in corriera" come me, di una donna cioè che prima di tutto vorrebbe potersi dedicare ai propri figli, contribuendo all'economia della famiglia certo, ma senza impazzire dietro a tutto, senza passare più ore sul posto di lavoro che a casa. Il punto è che, a mio parere, oggi c'è davvero poca possibilità di scelta. Almeno, per quanto mi riguarda, nella realtà che mi circonda, vedo tante mamme fare i salti mortali per dedicare tempo di qualità ai propri figli, svolgere bene il proprio lavoro (non sempre quello sperato) e ovviamente gestire la casa, dare le giuste attenzioni al marito/compagno.

Immagine tratta da mymoves.it


Avete mai visto il film "Baby Boom"? Ah, tutti questi riferimenti mi ricordano che sto invecchiando, perché di nuovo, credo, che molti di voi, non lo abbiano visto.

La storia è questa:


J.C.Wiatt, è una donna in carriera, lavora settanta ore a settimana, in un' importante società americana. Improvvisamente si ritrova a essere mamma adottiva della figlia neonata di un lontano cugino, morto in un incidente d'auto. La sua reazione iniziale è quella di rifiuto, vorrebbe darla in adozione, ma nell'attesa di avviare le pratiche, si affeziona e si rende conto di quanto sia meraviglioso accudire la piccola Elisabeth. Inizia per lei un periodo difficile, vorrebbe mantenere gli stessi ritmi sul lavoro, non perdere la posizione che ha raggiunto con tanti sacrifici, ma nello stesso tempo, godersi la piccola. Vi ricorda qualcosa eh? Arriva al punto di portare Elisabeth, così si chiama la bambina, in ufficio. In tutto questo, un nuovo collega molto ambizioso a poco a poco le "fa le scarpe", approfittando del fatto che stare dietro alla bimba, come è giusto che sia, non le consente di mantenere lo stesso impegno di prima.  Dopo aver deciso di non accettare la proposta dell'azienda da di passare a un settore meno impegnativo (che strano eh?), decide di licenziarsi e di trasferirsi da Manhattan dove viveva, in una vecchia casa con giardino e frutteto nel Vermont e di adottare definitivamente la bimba. Nonostante la gioia del ritorno alla natura, adattarsi alla nuova vita non è facile, ma poco alla volta il frutteto incomincia a dare i suoi frutti. In seguito a una caduta viene aiutata da un nuovo amico, il veterinario Jeff Cooper, di cui poi si innamorerà (ah il lieto fine, che bello!). In seguito al prosperare dei frutteti, inizia fare le marmellate per la piccolina e da lì l'idea di creare la "Country Baby" un'impresa che produce cibi sani per l'infanzia. L'idea ha così successo, che anche la vecchia azienda per cui J.C. lavorava, le propone di acquistarla, a condizione incredibili e con alti guadagni, ma lei decide di rimanere nella sua casa nel Vermont con la bimba.

ECCO: io sogno il MIO BABY BOOM.

In questo film c'è quello che vorrei: scappare nel Vermont. No, scherzo, ma cambiare la mia vita, facendo qualche passo indietro, sì.
Vorrei ribellarmi a questa società che mi piace sempre meno, un po' ipocrita anche, che si lamenta per il calo demografico preoccupante, ma di fatto non crea le condizioni per far fare più figli; non amo i suoi ritmi frenetici, il tetris continuo che si deve fare per trovare il posto a tutto. Sogno di avere l'idea geniale, la mia "Country Baby", l'Idea con la I maiuscola,  quella che sento sulla punta della lingua da anni, ma che non mi viene. Anche a me piacerebbe rallentare i ritmi, vedere meno grigio dei palazzi e più verde della natura. Mi piacerebbe avere il tempo per fare delle cose che non siano strettamente dei doveri. Voglio non sentirmi più in colpa, perché nei miei sogni c'è il desiderio di lavorare l'indispensabile.

Riflettevo su questo ieri, dopo che il tecnico della caldaia è venuto a fare il solito controllo annuale. Prima di uscire mi ha detto quanto fossero stati bellissimi i quattro giorni del ponte dei morti. Mi sono reso conto, mi ha detto, di come sia bello giocare con i miei figli un po' prima di cena e cenare a un orario decente. Avere tempo. Penso a  quante cose mi perdo, correndo come un pazzo ogni giorno, per lavorare e per arrivare a fine mese. Nemmeno per diventare ricco. Per arrivare a fine mese, per sopravvivere, si fanno più ore dell'orologio. Eppure non si dice che il tempo sia impagabile, che sia prezioso? Già, ma di solo quello non si vive.

Tutte abbiamo il diritto di essere madri e di realizzarci anche come donne. Chi ha il desiderio di crescere nel lavoro che ama, di raggiungere posizioni di prestigio, ma nello stesso tempo diventare madre, dovrebbe avere la possibilità di fare entrambe le cose senza impazzire dietro a mille incastri. Certo il sacrificio, quello è imprescindibile lo so, ma al momento vedo amiche sole, arrovellarsi come non mai, correre come delle pazze, per trovare il giusto equilibrio PER TUTTO: casa, lavoro, famiglia, se stesse.

Ognuna di noi, insomma, ha diritto al suo Baby Boom. Qualunque esso sia.  

Lo sosterrò sempre, finché avrò fiato.   

Colonna sonora del post: Raphael Gualazzi - L'estate di John Wayne

 

2 commenti

  1. Mi ritrovo molto in questo poSt! Una volta scoperte le gioie della maternità è come se tutto diventasse più chiaro:comprendi davvero ciò che ti rende felice e non puoi più raccontarti bugie :no,non è il lavoro per te eppure hai poca scelta. ...

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    1. Grazie, hai proprio ragione, non puoi più fingere o mentire. Io sono arrivata a questa consapevolezza e ora sono a un bivio. A volte ci vuole coraggio e un pizzico abbondante di fortuna. Io so che veder crescere i miei figli, godermeli è ciò che più al mondo desidero. Il mio obiettivo da quando ho loro è questo

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