Per il mio primo articolo MAM, meditavo di raccontare come è nata la mia passione/ossessione per la fotografia e soprattutto come questa abbia portato alla mia attività principale: fotografia di famiglia e bebè.
Devo rimandare perché, da molto più tempo, penso che vorrei scrivere qualcosa sulla questione della privacy sui Social ma soprattutto qualcosa inerente la condivisione delle immagini di minori.
Una questione delicata, un argomento
difficile che mi porta costantemente a riflettere e su cui vorrei
esprimermi, non per convincere o dissuadere, ma perché sono
fotografa
e soprattutto mamma.
Come tutti i genitori, tengo alla mia
bambina e alla sua immagine, ma i Social rappresentano la mia
principale vetrina
quindi ecco che
mi chiedo, ogni volta che pubblico una foto, come conciliare questi
due dati di fatto!
Pochi
giorni fa, ho letto, su
un famoso social che vive solo grazie a immagini fotografiche,
l'ennesimo avvertimento da parte di un avvocato, il solito che fa
sentire in colpa le mamme che condividono le foto e fiere quelle che
non lo fanno e ho
deciso di scrivere quello penso.
Penso principalmente che la soluzione stia
nel buon senso, nella conoscenza dei profili Social e del loro
sistema di impostazione della privacy.
Se li conosci li domi insomma.
Ricordo che la diatriba tra chi desidera
postare, chi non ci pensa neanche e chi vorrebbe ma ha paura, è nata
nel febbraio 2016, quando su Facebook è diventata virale la Sfida
delle mamme.
Una mamma veniva nominata per postare tre
foto che la rendevano felice di essere madre. A sua volta ne
nominava altre sei
che trovava fantastiche per la sfida e
chiedeva ad
ognuna di inviare tre
foto dei propri bambini.
Bisognava copiare
e incollare questo testo e nominare altre super madri.
Da li è partita la condivisione forsennata
di fotografie di
bambini.
Immediatamente la Polizia postale
pubblicava l' avvertimento: “Mamme
Tornate in voi”
I figli, cosa più preziosa al mondo, non
devono essere esibiti su Internet
o per lo meno, bisogna
rispettare il loro diritto di scegliere,
un
giorno, da maggiorenni,
quale parte della propria vita
privata condividere
e poi invitava a considerare che oltre la metà delle foto contenute
nei siti
pedopornografici provengono
proprio
dalle foto condivise dai familiari dei bambini.
L'
avvertimento della polizia ha
portato subito preoccupazione.
Molte
mamme hanno cancellato le foto
dei propri
bambini dai profili social,
altre hanno iniziato ad apporre sui loro visini giganteschi stickers
tipo smile e simili.
Da allora, più di prima, quando racconto
di essere fotografa e che ho bisogno di
un consenso per pubblicare su sito e
sui social, immediatamente e giustamente, i genitori iniziano a
preoccuparsi.
Ecco, io penso che quel “tornate in voi”,
quel tono che esprime Giudizio, lo avrei evitato. Le mamme non si
sentono già abbastanza in colpa per qualsiasi cosa? Pare di si!
Giusto avvertire, meno giusto allarmare.
Io quindi
non rivolgo questo articolo a chi ha
deciso di non mostrare/postare nulla della propria vita privata
sui social ma a chi lo fa col patema d'animo, a chi vorrebbe ma ha
smesso di farlo per paura.
Non voglio convincere a farlo, vorrei solo
rassicurare.
E' sufficiente avere “voglia e tempo”
di fare attenzione, curare i contenuti dell'immagine, capire chi ha
accesso facile alla visione delle proprie fotografie perché,
effettivamente, nessuno sa dove potrebbero andare a finire e
soprattutto tra le grinfie di chi.
Penso esistano diversi modi per tutelare le
immagini dei nostri bambini.
Impariamo ad usare, per prima cosa, le
impostazione della privacy.
Su facebook, ad esempio, esiste la
possibilità di decidere chi può vedere ogni singolo post. Si può
impostare come pubblico uno stato e limitare la visione di una foto
al solo papà, alla nonna, ad una cerchia di amici o parenti.
Si può creare una lista di amici in cui
mettere tutte le persone semi-sconosciute di cui si è accettata
l’amicizia, per escluderle dalla visualizzazione delle foto o dei
messaggi in bacheca.
In questo modo
il proprio account, diventa un “ambiente ben protetto” e la
galleria di foto esattamente come un' album tradizionale che si tiene
in casa e si fa vedere solo
agli amici intimi.
Su Instagram e Pinterest gli account
possono essere privati, non pubblici. I
contenuti sono visibili solo dai
follower accettati. In poche parole
molto dipende da come si gestisce la
possibilità di limitare il pubblico.
E' possibile anche
apporre un segno sulla foto, tipo firma,marchio.
Con photoshop, ma anche con programmi e
applicazioni alla portata di tutti, si può aggiungere in trasparenza
il proprio nome o un'altra scritta.
Non dico
che questo
potrebbe impedire il furto di foto.
I motivi per cui potrebbero rubare
l'immagine di un bambino sono indefinibili.
L' espediente
però scoraggia l'uso della vostra foto da parte di un altro utente
per il proprio account, per un post o una promozione.
Quindi, tappezzate pure
la vostra immagine con un
scritta senza che questa rovini la visione d'insieme della foto!
Se poi si ha voglia di condividere i
momenti della giornata del proprio
bebè, con
tutti i propri
fidati contatti, quei
gesti e
quelle pose buffe che inteneriscono e divertono, si potrebbero
realizzare foto in cui si inquadra
giusto un particolare, si evita
il primo piano, si riprendere
il soggetto di profilo o di
schiena.
Si potrebbe sostituire l'uso degli
stickers ( li avete presenti vero?)
con un cappello o un paio di occhialoni veri. Se si ha tempo e voglia
è possibile
ottenere fotografie divertenti dei
propri piccoli
modelli senza
tanta fatica.
Nei prossimi articoli potrei spiegarvi come
fare, soprattutto se siete mamme Social ma
con la paura di fare la cosa sbagliata nel mostrare il faccino del
vostro piccolo.
E per quanto riguarda la mia posizione di
fotografa invece cosa c'è da dire?
Penso che a me o si da il consenso di
pubblicare le foto o non lo si da.
Personalmente rispetto qualsiasi
posizione e comprendo, proprio
perché mamma a mia volta, i dubbi e le paure dei genitori, ma resta
il fatto che le mie pagine sono lo strumento più immediato per
mostrare il mio lavoro e io amo mostrare quello che realizzo.
Come “fotografamamma”(apprensiva) mi
sento più tranquilla nel “controllare” gli utenti, per quanto
questo sia possibile.
Seguo le interazioni con i post, i like
alla pagina. Rispetto la volontà di non taggare e non dare
informazioni riconducibili all'identità del bebè e dei genitori nel
mio sito, non
uso la geolocalizzazione ma penso anche che non bisogna
allarmarsi.
Non mi chiedo se mia figlia
sarà d'accordo
su questa esposizione ed esibizione
E' figlia
di questa generazione che “condivide” e non so quanto
e in quali termini si porrà,
un giorno, il problema della privacy.
Resta l'agghiacciante problema della
pedopornografia.
Su questo punto si è espressa anche
“l'Associazione italiana
fotografi bambini” che ha
affrontato questo argomento in un articolo molto chiaro e che mi
trova pienamente d'accordo.
L'articolo è stato scritto proprio perché
si è notato
come l'allarme della Polizia aveva risvegliato le ansie e le paure di
tanti genitori e clienti che si affidano per i loro ricordi ai
professionisti del settore.
Questi esprimevano, solo in alcuni casi ma
evidentemente più
di prima, il timore per i loro bambini pubblicati sui profili social e i siti web.
L'associazione ha voluto fare una riflessione ed
offrire qualche chiarimento.
Alla luce
dell'evidente bisogno di esibire ogni progresso o cambiamento dei
nostri bimbi,
considerato come
fenomeno sociologico da sottoporre eventualmente
all'analisi degli psicologi, ha voluto precisare come ci sia una
grossa
differenza tra il pubblicare le foto dei propri figli sui vari
social, con tanto di hashtag, dettagli personali e in molti casi
anche geolocalizzazione e ciò che invece viene pubblicato dai
fotografi professionisti
del settore, che offrono una
rappresentazione artistica
dell’immagine, stando attenti a
non violare
la privacy del cliente e senza ledere in alcun modo la loro
dignità.
Invita
insomma
a riflettere sulla diversità delle due azioni e su quanto le
emozioni che ne derivano,
siano altrettanto differenti.
Spiega che la
pedofilia non
si nutre di fotografie artistiche “composte
in un set e scattate in un momento prestabilito, che donano ad un
genitore tutte interpretazioni diverse dalla sua quotidianità” La
pedofilia viene attratta piuttosto
da quei piccoli momenti rubati
all’intimità della famiglia,
che rivelando
molti
dettagli sulla vita del bimbo e dei suoi genitori,
innescano
quel meccanismo “perverso” della
curiosità che porta ad agire…
Vorrei
concludere
con la loro osservazione
perché mi convince molto.
Trovo giusto porre
attenzione, non abbassare mai la
guardia, proteggere i piccoli sempre, ma penso sia sbagliato avere
paura e rinunciare a strumenti che,
se ben usati, possono rispettare
anche la volontà di riservatezza dei genitori,
cosi come trovo naturale e
comprensibile l'incontenibile
desiderio di mostrare, in maniera sempre dignitosa
e rispettosa, i propri bambini.
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