Avevo tre anni quando ho detto per la prima volta: “Mamma da grande farò la dottoressa degli animali” o così mi è stato detto.
Ho sempre immaginato che l’amore per gli animali fosse innato. Quando sono rimasta incinta, dopo lo scombussolamento iniziale, ho cercato da subito di mettere a frutto le mie conoscenze: come la letteratura insegna, attraverso la pancia della mamma, i bambini possono ricevere i primi stimoli e così, quando tutte le mamme rilassate, in quel magico periodo chiamato “attesa”, si dilettano a far ascoltare ai loro pargoli dolci sinfonie di musica classica per rilassarli, io barcamenandomi tra libri e lezioni di educazione cinofila, immaginavo di impartirle nozioni di anatomia e il concetto, a me tanto caro, del rispetto verso gli animali. Del resto, crescendo con il dolce suono dell’abbaiare dei miei cani, zampate sulla panza o gatti che si apprestavano a massaggiarmi come se fossi una pagnotta da infornare, come poteva la creaturina che avevo in grembo, non essere coinvolta da questo mondo almeno quanto lo sono io?
Mi sbagliavo.
Dada, passati i primi momenti d’incoscienza
neonatale, appena diventata in grado di comunicarmi le sue emozioni, mi ha
subito fatto capire quanto fosse gelosa dei miei animali. E così urli, tirate
di coda, orecchie allungate, mosse di kung fu a carico dei miei, fin troppo
pazienti, compagni di vita. Senza tralasciare facce schifate non appena Kyra,
la mia dolcissima cagnolona, le stampava una bella leccatina o faceva i suoi
bisogni. Com’era possibile che proprio a mia figlia non riuscissi a spiegare
come approcciare con questi esseri pelosi? Io, che vado ormai da sette anni in
scuole e asili a spiegare queste cose?
Considerando che i miei cani,
ormai adulti, abituati da sempre a vivere con i miei genitori, non avrei potuto
portarli a casa mia, l’unica soluzione possibile, dal mio punto di vista, era
permettere a Dada di vivere un’esperienza straordinaria come quella della
nascita di un cucciolo di Kyra, vederlo crescere e diventare il suo fedele
compagno di vita com’era stato per me tanti anni fa con il mio adorato Pisolo.
Facile.
Restava solo convincere il
marito. Ah, quasi dimenticavo, il marito
nel rapporto con gli animali era al livello di sua figlia! Ne ero sicura:
avrebbe fatto benissimo anche a lui quest’esperienza.
Ma siamo nella vita reale, per
cui, oltre al marito che si opponeva con tutte le sue forze terrorizzato dalla
fine del suo adorato giardino (si era dimenticato di aver sposato un’educatrice
cinofila quasi veterinaria?!) mi sono imbattuta in un fidanzato per Kyra, Rocco,
di nome ma non di fatto, un po’ imbranato ma soprattutto, in una diagnosi che non lasciava scampo, Kyra
era ipotiroidea: una gravidanza, oltretutto in tarda età, avrebbe potuto
metterla a rischio. Per niente al mondo avrei messo a repentaglio la sua
salute.
Decido di non arrendermi e cosi
mi rivolgo a Vitale, l’allevatore da cui avevo preso Kyra e guarda caso aveva
una cucciolata in arrivo, i cuccioli sarebbero nati a Novembre e pronti per
essere adottati a gennaio.
Era perfetto, risolto anche il
regalo di Natale. (Si lo so che non si regalano cuccioli a Natale, i bambini
potrebbero dare poca importanza al grande dono ricevuto e scambiarlo per un
dono materiale... ma almeno quello avrei dovuto essere in grado di spiegarlo
alla mia piccola peste senza coda!).
E così dopo varie peripezie Dada
la notte di Natale, sotto l’albero, trova una cuccia con una bella lettera con
scritto che presto avrebbe potuto abbracciare la sua cucciola Apple che Babbo
Natale aveva scelto di affidare proprio a lei. Che grande responsabilità le
aveva dato quel signore tanto simpatico vestito di rosso con la barba lunga!
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