Alla ricerca del sogno americano.

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Come ho scritto nel piccolo paragrafo di presentazione, vivo a Miami da 2 anni e dalle tante domande e interesse che molte persone hanno prestato alla mia esperienza, ho deciso di creare un blog, cosi è nato arlenvillarblog.wordpress.com. Siccome questo è il mio primo articolo su MammaAiutaMamma e la maggior parte di voi non mi conosce vi racconto un po' della mia scelta! 

Da imprenditori stavamo già entrando nella fase “stress”. La situazione in Italia era sempre peggio,  l’ansia, ci ha portati sempre più sul punto del dubbio. Volendo a tutti costi evitare le azioni legali, la rovina finanziaria, una possibile crisi sentimentale o i problemi di salute, abbiamo studiato i possibili posti dove potevamo andare e iniziare da capo … un po' d’aria nuova, di GENTE nuova… ma non avevamo i piedi per terra da nessuna parte e sicuramente non avevamo l’appoggio di nessuno.
Quindi dovevamo essere molto sicuri dei passi da fare, soprattutto perché quando hai dei figli, diventa tutto più complicato, all'epoca Victoria, la mia bambina più grande, aveva appena 1 anno. Potevamo andare in qualche paese della Comunità Europea, per questioni di documenti, abbiamo pensato alla Spagna, magari Ibiza, perché conosciamo bene lo spagnolo e sarebbe stato un punto a nostro favore, ma anche la Spagna attraversa una crisi economica dal 2008. I paesi dell'Europa settentrionale ci sembravano troppo freddi e grigi, la parte centro-orientale dell'Europa non l'abbiamo presa nemmeno in considerazione e la Germania è il secondo paese al mondo scelto dall'immigrazione internazionale e anche se preceduto solo dagli Stati Uniti abbiamo preferito fare folla in una città americana, e come diceva mio marito
_se proprio dobbiamo lasciar casa, almeno che sia per andare in una città di mare.


Miami


Ed eccoci qua, a Miami da ben 2 anni. In realtà non è stato difficile fare una scelta su quale città americana andare, dato che mio marito è rimasto sbalordito e completamente innamorato del panorama e delle palme di questa città le tante volte che siamo venuti in vacanza precedentemente. Il problema consisteva nel come andare, problema perché si sa che gli Stati Uniti sono rigidissimi quando si tratta di immigrazione, rischiando che la quantità di documenti e la burocrazia faccia passare la voglia anche ai più motivati e bisognosi, spesso si può sprecare un sacco di energie e soldi e per noi la cosa fondamentale era non ritrovarci al punto di partenza e riuscir a concludere qualcosa. 

Entrando sul sito ufficiale dell’ambasciata americana abbiamo cercato i tipi di visto (visas) sperando di trovare qualcosa che facesse al caso nostro.


B–1. B–2. Viaggi di lavoro
F. Per motivi di studio
M. Per motivi di studio non accademico o professionale 
J. Anche detto ( exchange visa ) per scambi culturali, tirocini, ricerche accademiche , ecc.
H,L,O,P,Q. Lavorare per un periodo determinato presso un datore americano.

Dopo tante lettere e l’entusiasmo in bilico abbiamo cercato anche Visto per artisti in America, Lotteria per vivere in America, Aprire un'attività in America. APRIRE UNA ATTIVITÀ IN AMERICA!? Soldi, soldi tanti soldi e quando la speranza stava ormai per spegnersi BING!!! Una luce al fondo del tunnel 
(L’atto di regolazione cubano 1996 (CAA, per il suo acronimo in inglese) fornisce una procedura speciale, sotto il quale gli indigeni di Cuba o cittadini cubani e loro coniugi e figli di accompagnamento si possono applicare per una carta verde (residenza permanente). CAA fornisce al procuratore generale degli Stati Uniti la discrezione per concedere la residenza permanente a quelli nati a Cuba o cittadini cubani applicano per una carta verde se:

Sono fisicamente presente negli Stati Uniti per almeno 1 anno
Sono stati ammessi o concessi il permesso di ingresso
Sono ammissibili come immigrati Applicazioni per una carta verde (residenza permanente) possono essere approvate, anche se non soddisfano i requisiti di ordinari emanati sotto sezione 245 della legge di immigrazione e nazionalità (INA, per il suo acronimo in inglese). Poiché paraurti numeriche non sono rilevanti per le impostazioni sotto CAA, non è necessario che i candidati sono beneficiari di una petizione di visto immigrante. Inoltre, i nativi di cittadini cubani, arrivando ad un altro posto che non è una porta di ingresso ancora possono essere ammissibili per una carta verde se USCIS lui ha concesso un’azione differita ed essere ammessi negli Stati Uniti.) 

Sono nata a Cuba nel maggio del 1990. Era perfetto.
Cosi abbiamo deciso di prendere un biglietto per Miami e arrabattarci per un anno e applicare successivamente per “la ley de ajuste cubano” come spiegato precedentemente. Purtroppo mio marito ed io all’epoca non eravamo legalmente sposati e non sapevo quanto realmente questo poteva diventare il mio bastone fra le ruote magari non aveva importanza avendo una figlia in comune ma non me la sentivo di rischiare. 

Per affrettare i tempi abbiamo scelto la via più complicata. Siamo arrivati come semplici turisti a Miami e tramite una amica siamo riusciti a prendere una casa senza dover dare dimostrazioni della nostra legalità  o di un attuale lavoro garantendo la sicurezza economica e la puntualità col pagamento dell’affitto. Uno dei tanti pregi di mio marito è che non sa starsene con le mani in mano. Il secondo giorno dopo essere atterrati aveva fatto un colloquio in un ristorante italiano a Miami Beach. Eravamo per lo più in territorio sconosciuto (in questi casi le vacanze prescindenti  non contavano nulla)  quindi anche se in territorio straniero anzi mi correggo noi stranieri in territorio nuovo abbiamo cercato quello che più si avvicinava a casa. Cosi il terzo giorno stava facendo le sue prime 8 ore di lavoro e iniziando quella che sarebbe stato l’inizio della sua grande esperienza lavorativa negli Stati Uniti. Per iniziare da completo fuorilegge $10 l’ora andava bene. Ma questo stato migratorio era la prima cosa da risolvere assolutamente, cosi dopo un paio di mesi siamo andati a Las Vegas! Il piano era SPOSARCI alla ”Una notte brava a Las Vegas”
Ma questa è un'altra storia che magari vi racconterò in una successiva occasione.
Per fortuna ho un cugino che abita a Las Vegas Nevada e ci ha dato una mano bella grossa nell'avventura più difficile. Dopo finalmente sposati io e la mia piccola siamo andate in Messico per attraversare la frontiera di San Diego con Tijuana, uscire e subito dopo rientrare negli gli Stati Uniti e chiedere “ASILO POLITICO” mio marito fuori ancora in suolo americano ad aspettare, senza sapere nulla di noi. Dopo una coda chilometrica ci hanno sequestrato tutto, tutti gli oggetti personali dai pannolini ai lacci delle scarpe. 4 ore massimo, giusto il tempo delle pratiche, le verifiche e subito la dimissione, mi dicevano che sarebbe stato veloce, facile e semplice. Dicevano, peccato che in quella frontiera col Messico c'è un carcere di massima sicurezza. Ero in una stanza piena di donne e bambini del Messico, dell’Honduras, dell’Equatore e di tanti altri paesi del Sud America tutte che scappavano dalla delinquenza e dai diversi cartelli della mafia del loro paesi. 
Per fortuna una volta dentro sono riuscita a rilassarmi, non sapevo che ore erano, se era sera o ancora giorno, mi sembrava di essere li da un'eternità, non avevo idea di quando saremmo uscite da li, non ero nervosa, non ancora, mi preoccupava quello che poteva sentire mio marito, là fuori senza sapere nulla di noi. 

Gli ufficiali americani ci trattavano abbastanza bene, per la bambina mi davano latte e i pannolini all'occorrenza o qualsiasi cosa potevo aver bisogno. Una tv abbastanza grande occupava gran parte del muro affianco a me e la voce dei personaggi animati coprivano tutta la stanza lasciando la mia bambina e gli altri bambini molto concentrati su (Dora la exploradora) all'ora prevista sono arrivati con quello che poteva essere la cena … un burrito messicano… non sono riuscita a mangiare nulla, proprio perché era da tutto il giorno che non mangiavo, accorgermi che dalle 10 del mattino ero li e che ormai era sera mi ha chiuso lo stomaco completamente. Nessuno parlava con noi, gli ufficiali dell'emigrazione passeggiavano avanti e indietro ma nessuna parola o informazione usciva dalla loro bocca. Fra una cosa  e l’altra davo ascolto in silenzio e le chiacchiere di alcune donne che parlavano fra di loro sembrava come se si conoscessero da tutta la vita … ascoltavo le loro storie … ascoltare è stato un grosso errore ho scoperto che la maggior parte di quelle donne stavano li da settimane addirittura mesi. Non sono riuscita a controllare le lacrime. Mi considero una donna forte e mi sento pronta per affrontare l’avversità ma in quel momento l’ignoto mi stava mangiando viva. La mia bambina era calma giocava con altri bambini, per lei era come un asilo nido o una gita scolastica in una piccola stanza di colore azzurro con tanti cuscini e coperte a terra per il “confort”. Altre ore sono passate. La colazione non ha tardato ad arrivare, eravamo a circa 24 ore, ora in più ora in meno. Quando iniziavo a farmi delle amiche per le quali sentivo una pena profonda. Donne, mamme che scappavano da una realtà cruda, da una sorte peggiore della mia, una realtà che i media italiani non dicono. Come se quella parte del mondo non fosse importante. Quando ormai mi stavo abituando all’idea di passare li dei giorni anche settimane mi hanno chiamata. Dopo 30 ore e l’intervista con l'agente dell'immigrazione che aveva fatto un corso di lingua italiana, finalmente si è alzato in piedi e mi ha detto 
_Benvenuta negli Stati uniti d’America! 

In quel momento era iniziato THE FINAL COUNTDOWN dell’anno di tempo che la mia famiglia ed io dovevamo aspettare per finalmente riceve la GREEN CARD in quel momento è iniziato 
The American Dream

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